Riforma dell’apprendistato – Licenziata dal consiglio dei Ministri – Comunicato Confsal

E’ una scelta coraggiosa che porterà con sé cambiamenti legati allo sviluppo, al progresso e all’evoluzione degli scenari socio-economici

E’ una scelta coraggiosa che porterà con sé cambiamenti legati allo sviluppo, al progresso e all’evoluzione degli scenari socio-economici. “Anche per questo la nostra Confederazione ha accettato l’urgenza con cui è stato espletato l’iter procedurale: occorreva varare in fretta una riforma di cui l’Italia ha bisogno”, ha dichiarato il Segretario generale Marco Paolo Nigi.

In primo luogo, ha evidenziato il Segretario generale della Confsal, sono urgenti politiche a “Sostegno delle imprese e delle famiglie” entrambe toccate dalla crisi economica che mette a rischio di emarginazione sociale imprenditori e lavoratori esclusi dal sistema produttivo. Non di poco conto, l’ormai annoso problema dell’emarginazione delle nuove generazioni dai contesti produttivi causata dallo status di disoccupazione e dall’alto tasso di abbandono scolastico. E’ per questo che, in secondo luogo è improrogabile “Occupare subito i giovani quindicenni e diciassettenni” che vogliono inserirsi nel sistema produttivo mediante contratti di apprendistato finalizzati all’acquisizione di qualifiche professionali, nei diversi livelli di EQF (European Qualification Framework). Riconosciamo, inoltre, ha aggiunto Nigi, il valore del libretto formativo del cittadino come carta identificativa delle competenze tecniche e professionali possedute dal lavoratore e dalle aziende certificate. Seppure permangono ancora aleatorie le procedure di certificazione delle competenze, in un quadro di rinnovato provvedimento legislativo, siamo d’accordo sul principio di base improcrastinabile “Semplificare la libera circolazione in Europa delle qualifiche” per avviare definitivamente i processi di mobilità dei professionisti con strumenti certificabili, riconoscibili ed efficaci.

L’adesione della Confsal alla riforma dell’apprendistato è dunque d’obbligo ed è legata a ciò che può essere definito come il nuovo SOS di cui le Politiche del lavoro hanno bisogno: Sostegno alle imprese e alle famiglie; Occupare subito i giovani quindicenni e diciassettenni; Semplificare la libera circolazione delle qualifiche in Europa. La riforma dell’apprendistato, approvata ieri dal Consiglio dei ministri, in realtà contiene le misure tese a far fronte alle future necessità dei giovani, e seppure abbia avuto i suoi formali momenti di confronto tra Governo e Parti sociali, l’iter con cui è stata condotta è risultato veloce per la pluralità di interessi che esso produrrà sia da un punto di vista generale e normativo  sia da un punto di vista dell’interazione tra settore pubblico e privato. Tuttavia l’iter vedrà ancora protagoniste le Parti sociali che saranno nuovamente chiamate a formulare un parere sui tirocini formativi entro settembre prossimo. Tutto può ancora essere corretto e migliorato, perché abbiamo sei mesi prima che la riforma entri a regime. Per questa ragione un prima analisi del testo e delle connessioni ad altre norme vigenti è stata svolta dal nostro team di delegati alle questioni appena poste, che accludiamo al presente notiziario.

 

Licenziata dal consiglio dei Ministri la riforma dell’apprendistato

È stata appena licenziata dal Consiglio dei ministri la riforma dell’apprendistato (alla quale la Confsal aveva aderito l’11 luglio scorso), ma la velocità con cui si è generato e concluso l’iter procedurale e il confronto, ci induce a prendere posizione, così come ha più volte detto il Segretario Generale Marco Paolo Nigi, “la Confsal è favorevole al testo di riforma dell’apprendistato, perché c’è bisogno di lavoro, perché c’è bisogno di impresa, perché l’economia deve rafforzarsi per mantenere il giusto equilibrio nel welfare generale”, ma il testo, appunto, sta viaggiando troppo in fretta per il valore e l’effetto che esso può produrre in termini di applicazione.

Per quanto ci riguarda, il Ministero del lavoro e il ministero dell’istruzione hanno dialogato poco ed hanno sottovalutato gli effetti generali che l’articolo 3, e in modo particolare l’articolo 5,   possono provocare in materia di esodo immediato dei giovani quindicenni e diciottenni dal sistema d’istruzione verso il sistema produttivo. Quest’ultimo, rappresentato da gran parte delle associazioni  datoriali presenti al confronto politico sembra aver accolto il provvedimento e sono propensi ad attivare  un contratto di apprendistato per tre anni o persino per sei anni ai giovani in cerca di occupazione.

Ci pare giusto, in tale contesto di crisi che questo flusso si generi a condizione che al termine del periodo formativo  esso si rinnovi tacitamente  in contratto a tempo indeterminato. Ma se ciò non accadesse ed è probabile, ovvero l’impresa, per giusta causa receda dal contratto, si può determinare una classe di nuova generazione di disoccupati non istruiti. Se sommiamo 6 anni di contratto a 18 anni di età,  si determina una nuova casistica di giovani tra 24 e 26 anni, che usciti dal sistema produttivo si riverseranno verso la scuola, nella specificità, nei luoghi di istruzione ed educazione degli adulti, per cercare di riprendersi almeno un titolo di studio utile. La scuola dovrebbe essere pronta ad accogliere un nuovo flusso di studenti, la cui demotivazione in entrata può risultare più forte di quelli che di fatto iniziano ed abbandonano i percorsi nel biennio di istruzione.

Siamo, infine,  d’accordo che un ragazzo a 15 anni possa nell’arco di tre anni acquisire una qualifica professionale (tra quelle inserite nel repertorio delle qualifiche, che ancora non esiste) mentre lavora, purché questa non diventi titolo di accesso al quinto anno dell’istruzione superiore; si creerebbe una discriminazione tra giovani ed una iniquità nella certificazione delle competenze. Insomma, tra un giovane che arriva a prendersi un diploma mentre lavora e guadagna e un altro che segue la via istituzionale studiando per un quinquennio con sacrificio non può esserci disomogeneità di saperi e di acquisite abilità e di conseguenza essi non possono essere messo sullo stesso piano al fine del conseguimento del diploma d’istruzione; passerella questa possibile per effetto dell’articolo 5 della Riforma.

Che sia altresì chiaro che il canale dell’apprendistato non può considerarsi e divenire  concorrente ai percorsi d’istruzione e ai corsi d’istruzione e formazione, ed è per questo che stiamo chiedendo a scuola e università di continuare a mantenere rigore e qualità nell’istruzione, giusto per evitare che altri canali si approprino di percorsi formativi di loro diretta titolarità e competenza.

Alleghiamo il Report “La riforma dell’apprendistato è un Iter troppo veloce per un provvedimento così importante?”